Sesso e disabilità


E’ facile ammettere in teoria che le Persone con Diverse Abilità, quei diversabili un tempo chiamati “handicappati”, sono appunto persone, e come tali con un loro sviluppo psicosessuale e conseguenti aspettative sessuali e sentimentali.
Assai meno semplice è inibire, nella realtà pratica, il riflesso condizionato che preferisce, semplicemente, ignorare o negare la loro sessualità.
Se per un’educazione sessuale del diversabile si tratta forse solo di trovare il linguaggio corretto, più arduo sembra essere il processo rieducativo di famiglia, scuola e società che hanno anzitutto la necessità di imparare a riconoscere a queste persone uno dei diritti più elementari.

Negli ultimi 30 anni, molto si è detto, scritto e fatto per l’integrazione familiare, sociale, scolastica, lavorativa del disabile e per l’abbattimento delle barriere architettoniche; al contrario,  il tentativo di analizzare lo spinoso problema della sessualità del disabile è stato a lungo trascurato.
Nonostante il sesso sia un tema fondamentale nella nostra cultura, a nessuno piace parlare del sesso in relazione agli individui disabili e, quando qualcuno lo fa, è sempre molto imbarazzato: le persone con disabilità non amano parlare della loro vita sessuale e in molti pensano che non facciano sesso.
E’ come se la vita delle persone disabili debba essere decisa e organizzata da altre persone.

Solo recentemente si sta dando maggior risalto al tema in questione col risultato di richiamare l’attenzione di famiglie, operatori, volontari e della società tutta. Attualmente la questione risulta aperta e tuttavia l’idea di una sessualità come parte integrante di ciascun individuo non è, nella disabilità, un dato acquisito.

Disabilità o diversabilità.

Mentre il termine disabilità – nelle sue varianti di disabilità motoria, mentale e sensoriale – sottolinea, con la sua negatività, l’idea di incompletezza, di mancanza, di limitate capacità, oggi a questo termine si preferisce quello di diversabilità, il quale lascia spazio, con spirito di positività, al riconoscimento e alla valorizzazione delle capacità proprie di ogni soggetto, grandi o modeste che siano.

Sessualità nelle disabilità motorie

Le disabilità motorie possono essere congenite, cioè presenti alla nascita, oppure acquisite a seguito di traumatismi midollari, accidenti cerebro-vascolari o malattie neurodegenerative (ad es., la sclerosi multipla).
Soprattutto nelle disabilità acquisite è facile immaginare che questi soggetti non perdano la loro sessualità ed il bisogno di poterla esprimere nei diversi contesti.  Più in concreto, accade che nelle disabilità fisiche conseguenti a lesioni midollari acute, che possono procurare oltre ai disturbi motori una disfunzione erettile del pene, è possibile riscontrare un atteggiamento di iniziale disinteresse da parte degli stessi pazienti; questi, dopo un periodo di tempo variabile, dovuto alla inevitabile necessità di elaborare e ricostruire una nuova immagine corporea, si rivolgono agli operatori delle strutture di riabilitazione neuromotoria, da cui vengono già assistiti, chiedendo aiuto per il recupero della funzione sessuale e riproduttiva.

Nella diversabilità motoria, sia congenita che acquisita, l’immagine corporea e l’immagine di sésono chiamate a fare i conti con gli aspetti deficitari legati alla disabilità.  Gli stessi soggetti possono andare incontro a stati depressivi reattivi animati dalla mancata accettazione della propria immagine corporea, con riduzione dell’autostima e perdita della propria identità sessuale. Da ciò si evince che la sessualità dei diversabili non è diversa da quella degli altri individui; essa racchiude al suo interno significati profondi la cui negazione rischia di avere pericolose ripercussioni sull’integrità psicofisica dell’individuo.
In tal senso, i metodi e gli strumenti che possono condurre a un recupero della sessualità negata, rappresentano una delle strade che portano a un’integrazione più completa del disabile in ogni contesto sociale in cui è inserito. Come per ogni altra abilità diversa, anche la scoperta di una abilità sessuale diversa non deve essere sottovalutata, se consente al soggetto di recuperare un istinto naturale.


Sessualità nelle disabilità mentali

La molteplicità delle possibili cause di disabilità mentale richiede di considerare ogni individuo personalmente, sia rispetto alla natura della patologia e dello sviluppo psicosessuale, ma anche per la compartecipazione delle dinamiche relazionali con le figure di riferimento. Quando questi soggetti, il cui handicap è dato da un grado variabile di compromissione dei processi cognitivi e dell’intelligenza, arrivano alla pubertà, con tutti i cambiamenti fisici, ormonali e comportamentali conseguenti, accade che l’atteggiamento riscontrabile nelle figure di riferimento è spesso di negazione, finalizzata alla protezione dal mondo esterno di persone fragili e, a volte, ingenue.
Questi soggetti vengono considerati dalle famiglie come “eterni bambini” e come tali necessitanti di essere tutelati.
Da un altro punto di vista il genitore del soggetto diversabile vive un senso di impotenza nel vedere il figlio o figlia incamminarsi verso un progetto di amore per il quale prova una consapevole certezza di irrealizzabilità; ciò è tanto più vero lì dove il figlio si innamora di una persona così detta normale. Da questa certezza nasce la spinta a negare la sessualità ai propri figli, nel tentativo di prevenire la sofferenza futura, chiudendoli sotto una “campana di vetro” protettiva. Tutto ciò è comprensibile, ma non corrisponde alle esigenze dei diversabili.

Insomma è difficile accettare e fronteggiare il fatto che ragazzi e ragazze disabili diventino maturi sessualmente; è facile nelle famiglie, nelle scuole, nelle strutture e nelle comunità che circondano questi individui non riconoscere ai bambini e ai ragazzi con deficit psichici non solo una sessualità, ma neppure un sesso ed un’identità sessuale. Anche nella realtà attuale, l’atteggiamento comune è quello di escludere la sessualità dai progetti educativi; tale modalità procedurale, caratterizzata dalla negazione e dalla repressione dei desideri e dei comportamenti sessuali, è antitetica alla stessa realtà biologica del soggetto diversamente abile, nel quale la sessualità negata fa la sua comparsa.

Tutto ciò serve a capire come un progetto di educazione sessuale debba inevitabilmente coinvolgere anche le famiglie e gli educatori professionali. Proprio la comparsa di un comportamento sessuato richiede una modifica del rapporto di dipendenza tra genitori e/o educatori e diversabili per raggiungere il maggior grado di autonomia possibile di questi ultimi.
In tal senso i diversabili si collocano in una condizione recettiva che consente all’educatore sessuale di esplorare i possibili percorsi per la gestione del problema.


Come viene affrontata la questione in Europa?

Negli anni Ottanta in Germania e Paesi Bassi nascono i primi Servizi di Assistenza Sessuale: il servizio consiste in prestazioni sessuali e di “tenerezza” da parte di assistenti con una formazione specifica.  Questo tipo di figura è stata riconosciuta più di recente anche in Svizzera.
In Olanda, molti dei servizi forniti dai partner surrogati sono a spese del servizio sanitario nazionale, che finanzia servizi sessuali fino a dodici volte l’anno.
In Gran Bretagna, invece, anche se la professione di surrogato sessuale non è legale, esistono siti che mettono in contatto disabili e assistenti o professionisti del sesso e in alcune città britanniche il servizio viene anche rimborsato.  Negli anni scorsi alcuni comuni della Gran Bretagna hanno sfruttato i soldi di un programma del governo nazionale per pagare rapporti sessuali con prostitute o visite a spettacoli di lap dance. Uno di questi comuni ha finanziato una vacanza ad Amsterdam ad un giovane di 21 anni con ritardi di apprendimento, consentendogli così di avere il suo primo rapporto sessuale.
In Italia c’è un disegno di legge presentato nel 2014 ed assegnato alla Commissione igiene e sanità del Senato: a oggi è fermo.
Il progetto di legge prevede l’istituzione di una professionalità complessa e delicata, che richiede molta empatia e una buona dose di preparazione: gli aspiranti “Love Giver ” dovranno prima di tutto partecipare a un corso di formazione, per poi superare un esame e essere iscritti in un albo pensato per i disabili e le loro famiglie, con un costo contenuto e a loro carico.

Tra le resistenze maggiori al disegno di legge italiano, c’è il parallelismo errato dell’attività dell’assistente sessuale con la prostituzione: ecco perché riconoscere il ruolo dell’assistente sessuale è più semplice in paesi come Germania o Olanda, in cui la prostituzione è riconosciuta.

Sex Toys, disabilità e sessualità.

I sex toys sono sempre più parte dell’esperienza comune di singoli e coppie, che li utilizzano per aumentare il proprio piacere, sperimentare sensazioni nuove e lasciarsi andare alla curiosità e spingersi un po’ oltre i propri limiti e pregiudizi.
Anche la sessuologia clinica, ormai da più di un secolo, riconosce il valore di questi giocattoli e li propone all’interno dei percorsi di terapia delle disfunzioni sessuali.  D’altro canto, ancora molto poco è stato detto sul valore che possono avere questi strumenti nell’ottimizzare il rapporto fra disabilità e sessualità. Difatti i sex toys possono rendere più agevole e giocosa l’esperienza sessuale di chi porta con sé una condizione di disabilità. In questi casi infatti, essi aiutano non solo ad accrescere il piacere fisico e sperimentare sensazioni nuove, ma anche a compensare qualche difficoltà.
Attualmente non esistono sex toys per disabili, ma una ricerca finanziata dal governo canadese sta progettando modelli di toys personalizzati per disabili, destinati a persone con problematiche motorie. Se la ricerca avrà successo, potrà aprire la porta verso lo sviluppo di sex toys ergonomici e specifici, offrendo di fatto nuove opportunità nell’ambito delle iniziative scientifiche e sociali sul tema disabilità e sessualità.

I sex toys già presenti sul mercato possono essere utilizzati con grande beneficio anche da chi porta con sé un deficit di tipo motorio, cognitivo e/o sensoriale. In commercio esiste già una grande varietà di toys che possono davvero soddisfare una moltitudine di gusti e preferenze: per il piacere sensoriale, per la penetrazione, per la stimolazione genitale diretta, ecc. Essi possono essere adoperati non solo nell’àmbito delle esperienze di autoerotismo, ma anche nell’ambito della sessualità di coppia: sia che si tratti di una coppia formata da partner entrambi disabili, sia che si tratti di una coppia in cui uno solo dei due partner presenti una disabilità. Inoltre, il loro utilizzo può essere suggerito in un percorso di consulenza sessuologica, o eventualmente in un percorso di assistenza sessuale quando questa sarà ufficialmente riconosciuta in Italia.

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