Real Doll: la nuova frontiera del sesso


Le Real Doll,  pronipoti delle bambole gonfiabili in vinile, stanno spopolando on line e nelle camere da letto di tutto il mondo e addirittura si pensa che nel 2050, faremo più sesso con robot, che con gli umani.

L’idea di poter dominare in toto il nostro partner non è recentissima, infatti secondo una leggenda metropolitana, si dice il primo uomo ad ordinare una bambola per puri scopi sessuali fu Hitler, in persona, il quale la commissionò nel 1941 al dottor Olen Hannusse, con l’obiettivo di proteggere i soldati dalle malattie sessualmente trasmissibili.  L’operazione poi non andò mai in porto, dato che la fabbrica venne bombardata.

Tornando ai tempi moderni, le real doll hanno surclassato di gran lunga le sex doll, in moltissimi aspetti, come ad esempio i materiali, perché dal vinile si è passati al silicone e polimeri termoplastici, che danno la sensazione di accarezzare e all’occorrenza anche di schiaffeggiare, un corpo solido e tridimensionale. Inoltre al momento dell’ordine è possibile scegliere tra16 volti, 14 acconciature, 20 tipi capezzoli, 10 colori di occhi, 9 di capelli, 7 di labbra, 5 di carnagione, 4 tipi di peli pubici e ben 2 vagine. Ma l’aspetto più affascinante e preoccupante è che le real doll sono dotate di intelligenza artificiale e possono intrattenere brevi conversazioni con i propri utenti.

La bambola chiede dettagli della vita del suo partner, li ricorda e da qui costruisce le future conversazioni. Pretende persino che l’utente faccia lo stesso, chiedendole il suo cibo preferito, le sue speranze e i suoi sogni. Insomma, queste dame robotiche simulano comportamenti umani.

Ma lo scotto da pagare è in termini di sicurezza personale nei confronti del sesso opposto. Infatti gli utilizzatori del passato delle sex doll, le compravano per iniziare un amico poco esperto in fatto di sesso o come regalo ludico durante un addio al celibato, adesso l’acquisto di una real doll si configura come una scelta consapevole e ponderata, in merito alla propria sessualità.

L’acquisto di questo prodotto, se visto in chiave ludica ed occasionale, potrebbe essere anche un diversivo alla monotonia della vita sessuale, se invece, diviene l’unica chiave di accesso alla propria sessualità, sconfiniamo nella patologia, innescando un circolo vizioso disfunzionale, che vede il rifiuto dell’instaurazione del rapporto con l’altro. Questo significa privarsi di fare un’esperienza emotiva ed interattiva con il partner, evitando così di soffrire, di gioire, deludere, abbandonarsi, litigare, emozionarsi, evitare in sostanza, la crescita di un rapporto. Muta anche la concezione della coppia, che non attraversa più la sua evoluzione tipica, che passa dall’innamoramento, all’idealizzazione di sé e dell’altro, al confronto, all’impegno in un futuro condiviso, alla rottura, al lutto che ne consegue e al riequilibrio postumo che permette di ricercare un nuovo partner.


Dopo una relazione si esce feriti, ma ricchi perché ci è stata data la possibilità di conoscerci realmente per quello che siamo. Senza un partner con cui interagire, come con le real doll, si resta statici, perché bloccati sulle proprie posizioni, con atteggiamenti ipercritici, soprattutto sul corpo femminile, che non rispetta i canoni, che una bambola artificiale può vantare.

Infatti questo comporta risvolti molto importanti dal punto di vista sociale, perché quando il valore di una persona è stabilito sulla base del suo aspetto fisico si parla di oggettivazione sessuale o sessualizzazione (Fredrikson & Roberts, 1997). L’oggettivazione sessuale comporta una frammentazione simbolica del corpo, che è separato dal resto della persona e considerato come mero strumento per il piacere sessuale altrui. Complici di questo processo sono sia i media che diffondono modelli irrealistici di bellezza, che le persone comuni, imbevute di queste convinzioni, rinforzano e sostengono.

Difatti da studi sperimentali è emerso che quando ci concentriamo solo sul modo in cui una donna appare, tendiamo a percepire quella donna come meno umana in termini di calore e moralità (Heflick, Goldenberg, Cooper, & Puvia, 2011; Loughnan, Haslam, Murnane, Vaes, Reynolds & Suitner, 2010).

Più una donna interiorizza il messaggio culturale deumanizzante dell’oggettivazione e più è probabile che l’auto-oggettivazione diventi un’esperienza stabile nel tempo.

Pertanto le real doll se da una parte si sono umanizzate, dall’altra hanno deumanizzato il proprio cliente, spogliandolo della sua componente emotivo-affettiva, per far spazio ad una sconfinata landa di solitudine cibernetica.

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